Ripafrattesi illustri
Santi, cavalieri, artisti, inventori, poeti che hanno avuto un legame con il nostro borgo
Lorenzo Da Ripafratta
Frate domenicano, beato
Forse il più famoso tra i Ripafrattesi. Lorenzo, figlio di Tuccio, nasce il 23 marzo 1373 a Ripafratta, secondo la leggenda proprio all’interno della Rocca, rampollo dei signori del luogo, i Da Ripafratta.
Avviato alla carriera ecclesiastica e giunto al diaconato, nel 1394-1395 scelse di entrare nel convento domenicano di S. Caterina in Pisa, dove si distinse per lo zelo e il fervore religioso. Qui incontrò il Dominici e subito decise di collaborare con il movimento dell'Osservanza, di cui in breve divenne uno dei principali artefici.
Dopo il noviziato a Cortona, fra il 1401 e il 1403, fu inviato prima al convento di S. Lucia in Fabriano, poi allo studium fiorentino di S. Maria Novella, dove conseguì il lettorato. Tornò quindi a Fabriano, questa volta come priore, intorno al 1411. Sette anni dopo è di nuovo a Firenze e fu probabilmente in questa occasione che strinse una solida amicizia umana e spirituale con Sant'Antonino Pierozzi, che aveva sicuramente già conosciuto nel precedente soggiorno e con il quale mantenne per tutta la vita un fitto scambio epistolare, tanto che, dopo la sua morte, il vescovo fiorentino scrisse di sentire la mancanza “delle sue soavi lettere, con le quali mi eccitava all'esecuzione del zelo pastorale”.
Nel 1423 ricompare nel convento di S. Domenico in Pistoia (passato agli Osservanti l'anno precedente) dove, nel corso dei festeggiamenti dei patroni Jacopo e Atto, tenne una serie di omelie. Nel 1428 fu inviato ancora una volta a Fabriano, per il Capitolo provinciale, e vi si trattenne probabilmente fino al 1432, quando fece ritorno definitivamente, a Pistoia, dove si dedicò attivamente alla predicazione.
Muore a Pistoia il 27 settembre 1456, come ricorda l'obituario del convento di San Domenico; sant'Antonino, che forse fu anche suo discepolo, lo ricordò così con una lettera ai frati del convento: "Predicano i Pistoiesi la carità di lui verso il prossimo, ne ragionano con laude i popoli di Fabriano e gli altri dove per ubbidienza ha conversato, perciocché, quando una pestilenza crudele induceva tanta mortalità sopra la terra, quale infermo non fu da lui visitato? Quante volte, di giorno e di notte si espose a contagione mortifera? Dicanlo i Pistoiesi, e ne facciano testimonianza [...]. E chi giammai da questo padre si partì sconsolato?".
Il Comune di Pistoia stanziò un contributo di 300 lire per le spese dei funerali solenni, disponendo anche la realizzazione del bel sarcofago in marmo, forse opera della bottega dei fratelli Rossellino, in cui riposa tuttora il suo corpo, nella chiesa del convento di San Domenico in Pistoia. Nel chiostro, un affresco lo rappresenta mentre protegge la città.
Fu proclamato beato da Pio IX il 4 aprile 1851.
Info tratte dai siti di Treccani e Associazione amici di Pisa.
Giuseppe Morosi
Ingegnere, meccanico
Giuseppe Morosi nacque il 26 giugno 1772 a Ripafratta, da Pietro Antonio e da Costanza Angiolini; frequentò lo Studio pisano, dove venne in contatto con personalità del calibro di Giuseppe Antonio Slop (1740-1808), Andrea Vaccà Berlinghieri (1772-1826) e Tito Manzi (1793-1801).
Introdotto alla corte granducale grazie al successo dei suoi automi, ottenne la nomina di aggregato al Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze nel 1794. Esule in Francia dal 1799, fu introdotto nell'ambiente scientifico parigino dall'astronomo Pierre Méchain (1744-1804). Qui ebbe modo di approfondire le sue conoscenze di chimica e di confrontarsi con le recenti conquiste europee nel campo della meccanica e, in particolare, nel settore delle applicazioni tessili.
Nel 1801 rientrò in Italia, a Milano, col titolo di "Meccanico Nazionale" e lo stesso anno fu nominato membro dell'Accademia del Cimento. Consapevole della necessità di modernizzare l'antiquato apparato tessile italiano, si recò più volte in Francia, Svizzera e Olanda per acquistare macchinari ed osservare le recenti trasformazioni industriali: del primo di questi viaggi resta, oggi, un importante manoscritto di oltre 250 carte dal titolo Viaggio tecnologico (1807), ricco di annotazioni e disegni di apparecchiature tessili, idrauliche e siderurgiche. Funzionario asburgico dal 1814, fu chiamato a più riprese al servizio del Granduca per l'aggiornamento dei macchinari della Zecca fiorentina.
Tornato definitivamente in Toscana dal 1833, dedicò i suoi ultimi anni allo studio del settore estrattivo e siderurgico. Morì il 17 settembre 1840 nella sua villa di Cocòmbola, nei pressi di Ripafratta, alla vigilia del primo Congresso degli scienziati Italiani, a cui si era iscritto.
Venne sepolto nel Camposanto di Pisa e Pietro Giordani dettò l’iscrizione tombale. La maggior parte dei suoi disegni di macchine e dei suoi manoscritti fu acquistata dallo Stato toscano.
Info tratte dai siti Treccani e Itinerari scientifici in Toscana. Foto dal sito della Österreichische Nationalbibliothek.
Gabriele Briganti
Bibliotecario, collaboratore di G. Pascoli
Giovanni Gabbriello (Gabriele) Briganti nacque a Ripafratta nel 1874. Dopo aver completato le scuole tecniche, entrò nelle biblioteche governative il 1º febbraio 1896, come apprendista distributore alla Biblioteca governativa di Lucca, e vi percorse tutta la sua carriera.
Nel dicembre 1919, a seguito della riforma delle carriere, venne promosso coadiutore, nel dicembre 1931 primo coadiutore e nell'agosto 1933 coadiutore principale, il grado massimo della carriera esecutiva.
Resse la direzione della Biblioteca dopo la morte di Eugenio Boselli, nel 1920, e di nuovo dal dicembre 1938 al dicembre 1941, oltre che in tutti i periodi di assenza dei direttori. Venne collocato a riposo alla fine del 1941.
Per le sue varie mansioni e la sua lunga esperienza costituì sempre il punto di riferimento degli studiosi che frequentavano la Biblioteca di Lucca: «fuorché i conti e l'amministrazione, fece o gli fecero fare di tutto - ha scritto Manara Valgimigli -, e per tutti il bibliotecario era lui».
Nei primi anni del Novecento fu anche insegnante d'inglese nella Scuola tecnica commerciale di Lucca.
Devoto ammiratore ed amico dal 1896 di Giovanni Pascoli (che gli dedicò "Il Gelsomino notturno"), faceva abitualmente da tramite con Castelvecchio per i libri della Biblioteca di Lucca che occorrevano al poeta, che occasionalmente ricorreva a lui anche per la sua conoscenza dell'inglese e delle letterature straniere.
Dopo la morte di Pascoli, conservò le importanti carte Caselli e nel 1940 vendette alla Biblioteca di Lucca il notevole fondo pascoliano in suo possesso (autografi del poeta e di suoi corrispondenti, libri e opuscoli spesso con dedica). Fu legato da una lunga amicizia anche con Valgimigli e Pietro Pancrazi e insieme al primo collaborò, con uno pseudonimo comune, al giornale locale "Il Progresso".
Socio dell'Associazione italiana biblioteche dalla sua costituzione (1930), partecipò ai congressi nazionali del 1932 e del 1940. Pubblicò alcuni scritti pascoliani o di letteratura inglese (anche con sue traduzioni) e dei versi e fu promotore o animatore di molte iniziative in onore del poeta.
La sua residenza a Ripafratta era la Villa Le Pinzole o "Pinsole", nei pressi della Rocca di San Paolino, dove riuniva periodicamente il suo circolo di amici, letterati e intellettuali, tra cui il poeta Giuseppe Lipparini, la cui “Elegia a Gabriele” inizia così: “Io mi ricordo la Torre del Centìno / in vetta al colle per gli ulivi bigio / alta e solinga come il mio destino”.
Briganti morì a Lucca il 19 maggio 1945.
Info tratte dal sito Treccani e Associazione Italiana Biblioteche
Carlo Biscaretti Di Ruffia
Illustratore, progettista
Ripafrattese d'adozione, si potrebbe dire. Figlio di Beatrice Ferrero e di Roberto Biscaretti di Ruffia (senatore del Regno e co-fondatore della FIAT) Carlo Biscaretti, nato a Torino nel 1879, ereditò dal padre la grande passione per le automobili.
Il 18 novembre 1898, non ancora maggiorenne, con i gentleman-driver fondò l'Automobile Club di Torino (che poi diventerà Automobil Club d'Italia). Tra i primi ad ottenere la patente, nel 1901 partecipò al 1º Giro automobilistico d'Italia.
Dotato di grande talento per il disegno, abbandonò gli studi di legge per dedicarsi al disegno tecnico, collaborando con le neonate aziende automobilistiche.
Nel 1907 a Torino fonda lo "Studio Tecnico Carlo Biscaretti", che diverrà presto un punto di riferimento di molte aziende italiane ed europee, per il disegno tecnico e la grafica pubblicitaria.
Biscaretti riceve importanti incarichi da grandi imprese del settore automobilistico come Itala, FIAT, Lancia, SPA, SCAT, Nazzaro, Ansaldo, Michelin e Solex, ma anche di altri settori come Aurora, Olio Sasso e Olivetti.
Continuando l'attività di pubblicitario, in campo automobilistico si lega all'esclusiva con la Itala, per la quale assume, dal 1916 al 1930, l'incarico di direttore dell'Ufficio Stampa e Pubblicità.
Ormai affermato e richiestissimo professionista, nel 1932 Biscaretti decise di dedicarsi prevalentemente alle automobili d'epoca e alla conservazione del patrimonio tecnologico italiano. Nello stesso anno viene incaricato di organizzare una mostra retrospettiva al 26º Salone dell'Automobile di Milano del 1933 e presenta il suo progetto per realizzare a Torino il museo dell’automobile. Il museo, dopo anni di incertezze, venne aperto al pubblico nel 1939.
Dopo la parentesi bellica, Biscaretti riprese caparbiamente la sua opera per dare una sede adeguata al museo, riuscendovi nella seconda metà degli anni cinquanta. I lavori iniziarono nel 1957, ma il promotore non visse a sufficienza per vederli ultimati.
Negli ultimi anni di vita trascorse gran parte del suo tempo a Ripafratta, dove possedeva una villa e dove amava ritirarsi. Biscaretti ha lasciato peraltro numerose suggestive illustrazioni di Ripafratta, della Rocca, del borgo, delle torri. E fu proprio nel nostro paese che la morte lo colse nel 1959, mentre stava progettando la disposizione di una delle sale del Museo. La nuova struttura fu a lui dedicata e aperta il 3 novembre 1960.
Info tratte dal sito Atlante di Torino e da questa pagina Medium.
Robustiano Morosoli
Avvocato, deputato e senatore del Regno
Robustiano Morosoli nacque il 24 maggio 1815 a Pisa, dove studiò giurisprudenza; allievo di Giovanni Carmignani, dopo la laurea si dedicò alla professione forense, prima nell’ambito del diritto penale e poi di quello civile, proseguendo l’attività dello studio legale paterno, tra i più noti della città, tanto da aver avuto tra i propri clienti anche George Byron, durante il suo soggiorno pisano.
Nel 1848 partecipò ai moti toscani per la costituzione. A quell'epoca risale la sua nomina a gonfaloniere della Comunità di Bagni di San Giuliano che conservò fino all'arrivo degli Austriaci nel 1849. Da allora fino al 1860 esercitò la professione di avvocato.
Nel 1859 venne nominato membro della Consulta di Stato dal Governo provvisorio e fu eletto Deputato dell'Assemblea Toscana, in cui sostenne l'annessione al Piemonte. Fin dalle prime elezioni per il Parlamento italiano (1861) fu eletto deputato nel Collegio di Vicopisano, e venne riconfermato nelle successive legislature, fino a quando venne nominato senatore del Regno (decreto regio del 16 novembre 1876).
Presiedette il Consiglio dell'Amministrazione provinciale di Pisa dal 1878 al 1892, anno in cui presentò le dimissioni.
Gli ultimi anni della sua vita li trascorse a Ripafratta, nella villa di famiglia di Treto, dove morì pressoché novantenne il 12 agosto 1904.
Info tratte dal Dizionario Biografico Treccani e dal sito del Senato della Repubblica.
Il Cavaliere di Ripafratta
Personaggio de "La Locandiera"
Scritta nel 1752 dal grande commediografo veneziano Carlo Goldoni, "La Locandiera" è una commedia teatrale che racconta le vicissitudini di Mirandolina, astuta proprietaria di una locanda a Firenze, e dei suoi pretendenti, tra i quali appunto un aristocratico misogino e scontroso conosciuto soltanto come "il cavaliere di Ripafratta".
Il cavaliere costituisce uno dei personaggi principali della commedia in tre atti, che è stata e viene tuttora rappresentata in tutto il mondo, portando così il nome di Ripafratta ai quattro angoli della terra. Sembra che la figura del cavaliere - interpretato da grandi attori, tra cui Marcello Mastroianni per la regia di Luchino Visconti - sia ispirata a quella del nobile fiorentino Giulio Rucellai, ma il nome che gli viene dato nell'opera lascia poco spazio all'immaginazione, e sembra direttamente riferito al nostro paese.
A supporto di questa teoria, il fatto che Goldoni abbia soggiornato a Pisa dal 1744 al 1748, quindi per ben 4 anni. Durante i quali sembra probabile che abbia conosciuto il borgo di Ripafratta e la sua Rocca antica, nobile e decadente, proprio come il personaggio che stava immaginando. Peraltro, nel periodo pisano, Goldoni frequentava spesso Lucca sia per motivi professionali (era avvocato) sia per amicizie. È verosimile quindi che si sia imbattuto più volte nella Rocca: il passaggio più breve da Pisa a Lucca passava soltanto per Ripafratta.
Il periodo pisano rimase certamente impresso nella mente di Goldoni, anche per il vivace contesto culturale della città. Per questo è possibile che Ripafratta sia rimasta a lungo tra i suoi ricordi. Cosa che ha permesso al misterioso "cavaliere" di nascere e vivere per secoli, fino ad arrivare alle tante rappresentazioni teatrali dei giorni nostri.
Info tratte da Wikipedia e QuiNewsPisa. Foto di Pasquale De Antonis.